lunedì 17 maggio 2021

Jack Kerouac, un viaggiatore solitario lungo le strade d’America


All’inizio degli anni ’50 gli States sono pervasi da un clima di generale euforia. La guerra è da poco terminata e inizia a diffondersi nell’aria qualcosa di nuovo. Sono anni in cui nei giovani esplode la voglia di creare qualcosa di realmente diverso, 
una coscienza collettiva di libertà e di diversità che finisce con il  confluire nella musica, nell’arte e nella scrittura. In questo clima generale di esaltazione, i ragazzi sentono il bisogno di iniziare una nuova vita che si estrani dai canoni fino ad allora vissuti e che possa oltrepassare quella conformità che gli impedisce di esprimersi liberamente in ambito artistico. 
I ragazzi danzano al ritmo del rock’n’roll, la musica proibita ma un certo malessere inizia ad insinuarsi tra le pieghe della società. C'è il timore che il tanto decantato sogno americano possa frantumarsi sotto i colpi di quella inquietudine. 
Sono gli anni del Ku klux klan e delle lotte per i diritti civili degli Afroamericani, ma sono soprattutto gli anni della Beat generation. 
James Dean ed Elvis Presley sono i miti che riescono ad esprimere i turbamenti e i sogni di libertà di quella generazione, ma nessuno meglio di Jack Kerouac riuscirà a rappresentarne il simbolo stesso, l’icona immortale dell’idea di quella vita inquieta e sfrontata vissuta al di fuori delle convenzioni imposte dalla società. 

Jean-Louis Lebris de Kerouac, meglio conosciuto come Jack, nasce a Lowell, Massachussets nel 1922. La sua è una famiglia di stampo profondamente cattolico originaria del Québec; nell’ambito familiare si parla il joual, un dialetto canadese e il francese rimarrà sempre la sua lingua madre. Durante gli anni del liceo si afferma come campione sportivo, attitudine che gli darà modo di frequentare New York la prestigiosa Columbia University , dove incontra due scrittori con i quali instaura un rapporto di amicizia che durerà per tutta la vita: Allen Ginsberg e William S. Burroughs, insieme interpreteranno le figure seminali del movimento Beat.

La Beat generation è il primo movimento artistico del dopoguerra che si pone in una netta posizione di protesta nei confronti della società conformista di quegli anni. Jack Kerouac ne diviene immediatamente uno dei punti di maggior riferimento. E sarà proprio Kerouac a tenerla a battesimo, prendendo (pare) il termine da Herbert Huncke: significa “down-and-out” indicando così il fondo dell'esistenza (dal punto di vista finanziario ed emotivo) oltre che “beatific” suggerendogli un valore più alto dal punto di vista spirituale, ma soprattutto una particolare apertura nei riguardi del linguaggio scritto, eleggendo ad arte le esperienze della propria vita. 

Già da tempo aveva sentito il suo spirito girovago prendere il sopravvento. Negli anni della guerra si arruolò nella marina mercantile come semplice marinaio, esperienza che lo portò a visitare vari porti mediterranei ed atlantici. Dopo un anno passato in mare torna a casa per scrivere il suo primo romanzo, "La città e la metropoli", lavoro che gli dà un discreto successo ma non ancora la soddisfazione che cerca. 

La sua ambizione non è quella di divenire uno scrittore affermato pieno di ricchezza e rispetto, ma di riuscire ad arrivare ad una capacità interiore che gli consenta di originare una scrittura poetica e impressionista con la quale descrivere tutta la varietà e la diversità della cultura Americana. Non ce la fa a rimanere chiuso in una stanza a pensare; vuole acquisire attraverso il viaggio una conoscenza profonda che lo traghetti sino all’essenza della vita stessa. Sente dentro di sé che c’è ancora un’America cruda e primitiva che nessuno vuole più cantare, dove però lo spirito è rimasto indomito e non ancora plasmato dall'infaticabile macchina del materialismo moderno. 

Lui lo sa che i tempi stanno cambiando e che qualcosa sta agitando quell'America conservatrice sempre più coinvolta nell’intrico della guerra fredda. 

Kerouac decide di inseguire e rincorrere i propri pensieri ed emozioni con il loro originale ritmo. Passa molto tempo sulle carte geografiche e a studiare i libri sui grandi pionieri della storia americana. Vagabondare diventa parte essenziale della sua reputazione, un modo per affermare la libertà in un periodo nel quale la paranoia ed il sospetto vigono nella maggior parte degli americani. Non si limita ad andare da un luogo a un altro degli USA, ma vuole viaggiare alla ricerca e scoperta di sé mediante l'abbattimento di ogni barriera prestabilita. Avverte che al di fuori della città inizia un territorio sconosciuto, dove tutto è da scoprire a cominciare da sé stessi. Inizia a sentire che la casa dell’anima non è nel paradiso, ma nella strada aperta; immagina il suo spirito come quello di un viandante in perenne cammino.

Quello di viaggiare verso l’ovest era stato un suo sogno antico e i nomi dei fiumi, delle città e degli stati eccitano da sempre la sua immaginazione. Con il viaggio intende misurare il territorio americano, vivere nel suo splendore e bellezza; vuole respirare a fondo l'”odore forte dell’America”.
Si identifica con i primi pionieri americani, o negli Hobo, quella sorta di girovaghi che ritiene essere i custodi del vero spirito della libertà.
Quest'esperienza gli darà lo spunto per scrivere "Sulla Stradail libro che gli procura immediata fama e successo; a quasi sessant’anni di distanza dalla prima pubblicazione, rimane uno dei testi di riferimento della cultura del secolo scorso, mantenendo inalterata tutta la propria vitalità, continuando tutt’oggi ad indicare al lettore un nuovo modo di vedere il mondo. Il romanzo narra i viaggi compiuti tra il 1947 e il 1950 negli Stati Uniti e in Messico, insieme al suo amico di sempre Neal Cassady
Vivranno insieme la verità dell’asfalto, un’esperienza che li farà sentire sulla soglia di una nuova percezione. Il libro diviene subito un testo di riferimento, il manifesto della "Beat Generation". 
Pagine che attraverso suoni, sapori e profumi rapiscono ancora l’immaginazione, proiettando di colpo il lettore oltre l’orizzonte americano. "La strada è la libertà e io parlo in nome della libertà, parlo in nome dell'esperienza, parlo in nome della vita. Parlo in nome di tutte le strade che attraversano l'America in un immenso, infinito sogno che si scontra con il santo incanto infinitesimale della creazione. Quel vasto mare della fratellanza che sottolinea l'essenza, la nascitura quintessenza dell’universo. Parlo in nome delle strade, dello Zen, della torta di mele, dei truffatori, degli sfruttatori, del folle pazzo jazz, delle fermate di autobus, dei poliziotti, dei criminali e di tutto quello che ti passa accanto mentre tu cammini e continui a stare a metà strada tra il paradiso e l’inferno”.
Colpisce il suo tipo di narrazione scattante, tenuto insieme dalla presenza di un Io narrativo, sempre lo stesso ma ogni volta diverso: la prosa spontanea.
Uno stile apparentemente senza regole che segue dei principi fondamentali dettati dallo stesso Kerouac e che prevedono libertà mentale: "Prima soddisfa te stesso, poi al lettore non mancherà lo choc telepatico, la corrispondenza significante perché nella tua e nella sua mente operano le stesse leggi psicologiche"
Il genio dell’autore infiamma l’America, ma per Kerouac sarà l’inizio della fine. Inizia a chiudersi sempre più in sé stesso. 
Si lamenta "non hanno capito niente. I miei viaggi, le donne, le droghe e gli eccessi sono tutte metafore. La strada è sacra. E’ un modo per arrivare alla redenzione, ma loro nel whiskey vedono soltanto whiskey, nelle notti d’America soltanto buio. Invece c’è luce".   
Scrive diversi altri libri, tra cui "
I vagabondi del Dharma" nel 1958 (un periodo in cui Kerouac è fortemente influenzato dalla religione buddista) e una raccolta di poesie intitolata "Mexico City Blues" pubblicata nel 1959. Negli anni successivi fino alla morte, Kerouac vive combattendo contro il suo fisico indebolito dall'alcol e da una vita di eccessi.
Oggi si ritiene che il suo contributo letterario, oltre che sociale, sia stato assai più profondo e importante rispetto ai giudizi che l'avevano inizialmente emarginato nei confini della controcultura americana. 
"Niente alle mie spalle, tutto davanti a me, come sempre sulla strada"(Jack Kerouac, "Sulla Strada")
Intere generazioni hanno preso a modello Kerouac, e, in automobili malconce, camper improvvisati, in autobus traballanti o su treni affollati di umanità, hanno esplorato il mondo. 
In fuga dalle delusioni politiche o alla scoperta della dimensione mistica orientale, i seguaci dei personaggi di Kerouac sono straripati dalle pagine del romanzo invadendo il mondo reale. Accompagnati da una colonna sonora che ne rispecchia le aspirazioni e la vitalità, con gli occhi sempre puntati all’orizzonte, diretti al West degli spazi aperti o al mitico oriente, hanno reso a Kerouac il più grande omaggio che si possa rendere ad uno scrittore: hanno preso il suo messaggio alla lettera. 
In un’epoca di inclusive tours e di viaggi organizzati fin nei minimi dettagli, le pagine di Kerouac ripropongono un irrinunciabile gusto dell’avventura, delle grandi distese, dell’esplorazione e della libertà. 
Sullo sfondo di quel paesaggio americano ormai impresso nell’ immaginario di ciascuno di noi.

 

 


Jack Kerouac
     
            March 12, 1922  October 21, 1969              



 



Moreno BLASI

1 commento:

  1. la vita mi ha insegnato che si cresce per la strada ed anche negli angoli ristretti di una casa... dipende come siamo

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